Il mondo che verrà: il futuro dopo il nuovo coronavirus

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Il mondo che verrà: il futuro dopo il nuovo coronavirus

La pandemia di Covid-19 sta portando nel nostro modo di vivere dei cambiamenti radicali: ecco alcuni scenari del mondo che verrà, plasmato dalla diffusione del nuovo coronavirus

In queste settimane, accanto all’incrollabile fiducia e voglia di essere positivi, c’è un pensiero che comincia a farsi strada: e se, a causa della pandemia di Covid19, tutto cambiasse e niente fosse più come prima?

Che mondo ci aspetta, quando potremo tornare a uscire di casa?

 

Probabilmente il momento che siamo vivendo porterà conseguenze importanti per i prossimi mesi, o anni. Cambieranno il modo in cui lavoriamo, ci alleniamo, socializziamo, facciamo shopping, ci prendiamo cura dei familiari, conosciamo nuove persone.

Cerchiamo di approfondire un po’.

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QUANDO FINIRÀ TUTTO QUESTO?

La domanda che tutti si fanno è: «Quando finirà questo periodo?»

Una delle cose più snervanti è proprio l’indefinibilità temporale del momento che viviamo. A oggi non abbiamo una deadline, una data di scadenza del lockdown.

A questo proposito è utile leggere le parole del giornalista italiano Francesco Costa, che in questo articolo dice:

Non contate i giorni. Per quanto sia umano e più che comprensibile – stare chiusi in casa ha conseguenze devastanti sulla salute mentale di decine di milioni di persone – non dobbiamo contare i giorni, o le settimane. Il decreto del governo fissa il termine del 3 aprile per le restrizioni dei movimenti perché imposizioni così straordinarie non possono che avere una data di scadenza. Ma è del tutto illusorio pensare che il 3 aprile le nostre vite possano ricominciare normalmente.

Normalmente. Focalizziamoci su questo concetto, perché la normalità, come la conoscevamo sino a febbraio, probabilmente non tornerà più. Almeno, non prima di un vaccino o di una gestione scientifica della cosa.

L’articolo prosegue infatti con questa frase, che considero illuminante:

La spiazzante velocità con cui sono cambiate le nostre vite compromette la nostra capacità di accettare che l’uscita da questa crisi non sarà rapida quanto è stato il suo ingresso.

Negozi chiusi, treni che non partono, aerei che non decollano, polizia e l’esercito per strada, l’impossibilità di vedere i nostri cari: uno scenario che avremmo definito impensabile sino a un mese fa, ora è realtà.

 

Gideon Lichfield, direttore del MIT Technology Review, il magazine del MIT, in un articolo su Technology Review ha sentenziato: «La maggior parte di noi probabilmente non ha ancora capito, e lo farà presto, che le cose non torneranno alla normalità dopo qualche settimana, o addirittura dopo qualche mese. Alcune cose non torneranno mai più».

Un’equipe di ricercatori dell’Imperial College di Londra, capitanata dal professor Neil Ferguson ha pubblicato un report interessante e prezioso, nel quale si spiega che la guerra contro il Covid-19 durerà sinché non verrà trovato e sperimentato un vaccino, mentre qualunque rilassamento delle restrizioni finirebbe per far rialzare la curva dei contagi.

Vediamo alcuni scenari.

 

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CORONAVIRUS E IL DISTANZIAMENTO SOCIALE

Immaginiamo di trovarci già a quest’estate, momento in cui si spera di avere la situazione dell’espansione del contagio sotto controllo (ma senza ancora un vaccino sperimentato e utilizzabile).

All’improvviso, un nuovo caso. Potrà accadere. A questo proposito, la ricerca e proiezione realizzata dall’Imperial College di Londra indica questo metodo di controllo: imporre misure di distanziamento sociale proporzionate all’aumento dei ricoveri nei reparti di terapia intensiva. Sempre più estreme quando i ricoveri aumentano, più blande quando diminuiscono.

Ecco un grafico che illustra questa previsione:

 

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La linea arancione indica i ricoveri in terapia intensiva. Ogni volta che superano una soglia, per esempio, 100 alla settimana, il paese dovrebbe chiudere tutte le scuole e la maggior parte delle università, adottando il distanziamento sociale. Quando scendono sotto i 50 ricoveri, queste misure verrebbero revocate, ma le persone con sintomi o i cui familiari hanno sintomi rimarrebbero comunque confinate a casa.

A proposito, come si realizza e misura la “distanza sociale”? I ricercatori del MIT la definiscono così: “Tutte le famiglie riducono del 75% i contatti al di fuori della famiglia, della scuola o del posto di lavoro”. Significa che ognuno fa tutto il possibile per ridurre al minimo i contatti sociali e, nel complesso, il numero di contatti diminuisce del 75%.

 

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SHUT-IN ECONOMY: TUTTI E TUTTO A CASA

Restare a casa, il mantra dei nostri giorni. Ci aspetta uno stile di vita che vada sempre più spesso in questa direzione: la casa sarà sempre più il nostro regno. In questi giorni è in atto una grande sperimentazione in questo senso: facciamo sempre più spesso la spesa online, attiviamo delle mini palestre nelle nostre camere, predisponiamo schermi sempre più comodi, aperitivi in salotto, video chiamate che non facevamo da tempo e tanto altro.

L’aumento del tempo da trascorrere a casa, già in crescita (vuoi per l’efficacia di Netflix e il fascino di sempre più serie tv), verrà inevitabilmente avvantaggiata dalla rivoluzione dei comportamenti causata dal nuovo corona virus. La shut-in economy rappresenterà dunque una fetta sempre più importante dell’economia dei prossimi mesi e anni. 

Questo provocherà una crescita nelle imprese che si occupano di servizi quali consegne a casa e tutto ciò che riguarda le comodità domestiche, ma attiverà un allarme rosso per le attività che basano il proprio business sulle persone che si radunano in massa: discoteche, palestre, hotel, teatri, cinema, compagnie aeree, centri commerciali e tanti altri.

Paolo Mossetti, in questo interessante articolo su Forbes, a questo proposito dice: «Probabilmente ci dovremo abituare nei prossimi anni a diffidare di metro e bar troppo affollati, delle discoteche e degli hotel non standardizzati. Le palestre potrebbero convincersi a puntare di più su corsi online» (…) I cinema, le sale da thé, i centri commerciali potrebbero installare a tempo indeterminato poltrone distanziate almeno un metro l’una dall’altra, panchine dove ci si può sedere soltanto uno alla volta e così via.». 

Rivoluzionare tutti questi business richiederebbe tanto tempo, e tanto denaro.

 

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LA CRISI ECONOMICA

Una nuova crisi economica. Purtroppo dobbiamo iniziare a considerare questo scenario.
Riguardo lavoro e disoccupazione, il segnale lanciato dall’Organizzazione Mondiale del Lavoro non è rassicurante. Stando alle proiezioni, le conseguenze sociali della crisi sanitaria saranno più gravi della crisi economica del 2008, portando a 25 milioni di nuovi disoccupati. 

Guy Rider, direttore generale dell’Organizzazione, ha sottolineato il concetto con queste parole: «I comparti  più toccati saranno il turismo, i trasporti ma anche l’industria dell’automobile. Sarà un crash-test di proporzioni inquietanti, ben peggiore di quello del 2008».

Sempre secondo queste proiezioni, saranno le economie occidentali quelle più funestate dalla crisi, con una perdita di guadagni che si prevede sfiorerà i 3100 miliardi di euro entro la fine del 2020.

A proposito della nuova crisi, è pur vero che siamo tenuti a pensare positivo e confidare nell’adozione di misure capaci di contenerla e sfruttare ciò che ogni crisi porta: nuove opportunità.

La Presidente della Commissione Europea Ursula Von Der Leyen ha ufficializzato la sospensione del Patto di Stabilità, per permettere ai governi di utilizzare la liquidità necessaria per contrastare gli scenari più nefasti. In tutto questo, avremo la forza e la lungimiranza per adottare azioni che realizzino cambiamenti nella nostra società e nel nostro modello economico che attendiamo da anni?

 

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LOCAL ECONOMY E E-COMMERCE 

Saremo sempre più local, con una nuova consapevolezza.

Questo significherà una crescita dell’economia basata sulla vicinanza, sul territorio nel quale si vive, andando a riavvicinare le persone alle botteghe sotto casa e alle produzioni a km zero. Lo viviamo già in questi giorni: migliaia di persone si stanno riabituando a visitare i piccoli negozi di quartiere, evitando spostamenti più lunghi e assembramenti. Questo potrebbe aiutare a modificare ancora una volta le nostra abitudini, supportando le attività che sino a poco tempo fa ignoravamo e provocando un rafforzamento dell’economia a livello locale.

Allo stesso tempo, sempre più utenti adotteranno l’abitudine di ordinare online prodotto di ogni genere (un trend già in atto in tempi pre coronavirus), coccolati dal fatto di ricevere tutto direttamente a casa, senza doversi muovere dalla dimora, sempre più centrale. In questi giorni le aziende produttive di ogni settore stanno cercando di attivare sempre più strumenti di vendita online e consegna a casa, ricercando un contatto diretto con le persone, per conquistare la loro scelta e fedeltà. In un momento in cui le attività dell’Horeca (Hotel, ristoranti e simili) sono costretti alla chiusura, chi produce beni alimentari si sta focalizzando su nuovi strumenti di vendita diretta e a distanza, cercando di recuperare il tempo perduto e cavalcare l’onda attuale, destinata sempre più a diventare lo strumento di vendita del presente e del futuro.

In questo modo, si sta vendendo a creare un interessante mix di global e local.

 

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TRACCIATURA E CONTROLLO PERSONALE

È un film già visto: storicamente le persone hanno spesso accettato una restrizione delle libertà personali in cambio della sicurezza. Ora che in ballo c’è la salute mondiale, le restrizioni potrebbero venire tollerate in maniera ancora maggiore. E anche se non fossero tollerate, verrebbero imposte.

«Tutto quello che potremo usare per combattere la diffusione del corona virus, inclusi gli strumenti tecnologici, digitali e altri mezzi che sinora ho rifiutato di utilizzare sulla popolazione civile». Sono le parole pronunciate il 14 marzo da Benjamin Netanyahu, attuale primo ministro israeliano. In queste settimane Israele ha iniziato a utilizzare i dati di localizzazione dei cellulari, gli stessi dati con cui i servizi segreti rintracciano i terroristi, con il fine di rintracciare le persone entrate in contatto con i portatori del virus.

Anche il governo di Singapore ha avviato sin dai primi giorni della diffusione del Covid-19 una ricerca esaustiva dei contatti delle persone infette e dei loro spostamenti, pubblicando in aggiunta dati dettagliati su ogni caso conosciuto, eccetto il nome delle persone.

La Corea del Sud va nella stessa in questa direzione, sviluppando un sistema che utilizza dati dei cellulari e transazioni delle carte di credito per verificare gli spostamenti delle persone infette da coronavirus.

Allo stesso modo, anche a Hong Kong le autorità locali hanno chiesto alle persone costrette alla quarantena di indossare un braccialetto che tracci i loro movimenti, in modo da monitorare eventuali spostamenti e tenerli “sotto controllo”.

 

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CONTROLLO DELLE PERSONE DA PARTE DELLO STATO

Controllo: questa è una parola a cui dovremo sempre più abituarci, nel mondo post coronavirus.

Nelle prossime settimane sarà sempre più attivo il dibattito su quale modello di gestione dell’emergenza adottare, in assenza di un vaccino efficace.

Il lockdown totale, strumento necessario in questa fase per abbattere la curva dei contagi, non può essere adottato a lungo: ne va della stabilità delle economie locali, nazionali e internazionali, così come della salute psichica e fisica delle persone.

Probabilmente, il modello che si andrà ad adottare prevedrà un controllo capillare delle persone, con tamponi effettuati in maniera più importante sulla popolazione, allo scopo di identificare nuovi contagiati e prevenire nuovi focolai, monitorando costantemente lo spostamento dei cittadini.

Un modello di questo tipo prevede un controllo pressoché totale: una misura che, solo sino a poco tempo fa, ci avrebbe fatto inorridire: ora, probabilmente, saremo costretti ad acconsentire a una forte limitazione della nostra libertà e privacy, sacrificando questi diritti (così importanti e conquistati a fatica) sull’altare della salute, nostra e dei nostri cari.

 

 

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SCUOLA E STUDIO: TUTTO A DISTANZA

L’insegnamento a distanza diventerà sempre più diffuso.

Estremizziamo: l’insegnamento a distanza potrebbe diventare la normalità, mentre la compresenza in aula potrebbe essere l’eccezione.

È uno degli scenari che stiamo vivendo oggi e immaginare che possa protrarsi in avanti non è così improbabile.

Nell’attesa che si trovi una soluzione a questa pandemia (ad esempio, un vaccino: non una cura con antivirali, ma qualcosa che eviti di farti ammalare), l’unica arma che le persone hanno è la prevenzione. Ovvero, evitare troppi contatti, e sospendere ogni tipo di socializzazione e vicinanza sociale quando arriveranno nuovi casi.

Stando alla simulazione realizzata, a ogni picco nei contagi sarà necessario praticare il distanziamento sociale. Questo potrebbe voler dire vedere gli edifici scolastici più spesso chiusi che aperti. Ma ciò non significherebbe perdere la possibilità di studio da parte degli alunni, grazie alla possibilità di apprendimento online e a nuove tecniche e pratiche.

Paradossalmente, questa crisi potrebbe portare a una rivoluzione delle didattica, con miglioramenti e adattamenti attesi da anni.

 

Questi sono alcuni degli scenari del mondo che ci aspetta, nell’era post nuovo coronavirus.

Per molti aspetti e per molti settori, sarà uno shock. Quindi, cosa ci aspetta?

Probabilmente un futuro diverso dal nostro passato, ma comunque un futuro.

 

Prepariamoci. 

 

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